Isabella Balena

Fotoreporter

Rivelo

Non ci sono più vetri a Mostar, ma veli.

E il ringhio malefico delle pallottole mischiato allo schianto delle bombe che mentre abbattono muri ne costruiscono altri, ancora più solidi, con mattoni di odio e di vendetta.

Veli, sulle finestre e sui corpi delle donne mute.

Strappati, non fermano l’aria che, senza distinzioni di razza o di religione, permette agli umani la misericordia di vivere.

Veli che non possono trattenere uno sguardo.

Occhi che frugano tra le macerie giù fino ai Guardiani del ponte, le torri di quello Stari Most, che testardo si ostina a cercare di unire ciò che le acque del Nerenta dividono.

Disperati cercano un futuro di pace, un sogno lontano come i passeri scacciati dallo schiocco secco del fucile di un cecchino.

Ed altrettanto non possono fermare gli occhi di chi sa trasformarsi in ombra per dare voce a chi sembra che voce non possa avere.

È dentro a questa immagine, scattata con straordinaria sensibilità ed alla quale è profondamente legata, che Isabella Balena ha voluto essere ritratta.

Creando un gioco di ombre nel quale due donne guardano il mondo da sponde così diverse del mare della vita, Isabella si è resa per una volta visibile salendo sulla ribalta di quel palcoscenico sul quale con i suoi scatti mette da sempre fatti e persone.

Uno scatto posato e quindi agli antipodi della sua fotografia, ma proprio per questo, credo, molto sincero e rivelatore.

Rimini,

8 agosto 2019

Isabella Balena

Fotoreporter

Rivelo

Non ci sono più vetri a Mostar, ma veli.

E il ringhio malefico delle pallottole mischiato allo schianto delle bombe che mentre abbattono muri ne costruiscono altri, ancora più solidi, con mattoni di odio e di vendetta.

Veli, sulle finestre e sui corpi delle donne mute.

Strappati, non fermano l’aria che, senza distinzioni di razza o di religione, permette agli umani la misericordia di vivere.

Veli che non possono trattenere uno sguardo.

Occhi che frugano tra le macerie giù fino ai Guardiani del ponte, le torri di quello Stari Most, che testardo si ostina a cercare di unire ciò che le acque del Nerenta dividono.

Disperati cercano un futuro di pace, un sogno lontano come i passeri scacciati dallo schiocco secco del fucile di un cecchino.

Ed altrettanto non possono fermare gli occhi di chi sa trasformarsi in ombra per dare voce a chi sembra che voce non possa avere.

È dentro a questa immagine, scattata con straordinaria sensibilità ed alla quale è profondamente legata, che Isabella Balena ha voluto essere ritratta.

Creando un gioco di ombre nel quale due donne guardano il mondo da sponde così diverse del mare della vita, Isabella si è resa per una volta visibile salendo sulla ribalta di quel palcoscenico sul quale con i suoi scatti mette da sempre fatti e persone.

Uno scatto posato e quindi agli antipodi della sua fotografia, ma proprio per questo, credo, molto sincero e rivelatore.

Rimini,

8 agosto 2019

Non è la prima volta che qualcuno decide di fotografare altri fotografi e io trovo sia questa un’operazione complessa poiché l’autore si espone non tanto al giudizio del fotografato ma al fatto che il “fotografo fotografato” in qualche modo è consapevole di quale risultato in fondo vorrebbe anche se non sempre sa come vorrebbe essere fotografato.

Baroncini ha deciso di superare questo scoglio nominandosi sia autore del ritratto sia “strumento” per il suo soggetto, con un gioco di rimandi e di interazioni: “io fotografo te che però mi devi dire come vuoi essere fotografato ma in verità decido anche io come fotografarti”.

L’immagine di te quindi è il risultato di un gioco interessante di collaborazione tra soggetti diversi.

Ma come spesso accade, la fotografia è poi una scusa per conoscere persone e passare piacevoli momenti insieme, montando e smontando il set più volte insieme all’assistente Davide – che in verità è vigile del fuoco- in cerca dell’immagine che in qualche modo mi rappresenti.

Credo alla fine loro ci sono o ci siamo riusciti: io appaio come un’ombra all’interno di una scena che è una mia fotografia scattata a Mostar, in Bosnia durante il conflitto.

Ed è uno dei ritratti, tra quelli che mi sono stati fatti finora, nel quale devo dire più mi riconosco, primo perché non mi si vede in viso e secondo perché rappresenta la mia tendenza a “scomparire” quando lavoro, per non modificare ciò che accade davanti ai miei occhi.

Isabella Balena