Nota dell’autore
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L’immagine di sé. Di questi tempi, per le persone pare importante come mai prima nell’intera storia dell’umanità.
Quando ho deciso di affrontare il tema del ritratto con un progetto dedicato, alla ricerca di una modalità che mi facesse sentire a mio agio nel costruire il rapporto tra me e il soggetto e che al tempo stesso conferisse al mio lavoro una sua identità, ho pensato di partire da un cambio di prospettiva. Ho trovato questa nuova angolazione non limitandomi a piazzarmi con la mia macchina fotografica di fronte ad uno sconosciuto pretendendo di interpretarlo, bensì, facendo un passo a lato, mettendomi al suo fianco nell’impresa di realizzare il ritratto che non c’era: quello che aveva sempre desiderato. Senza porre limiti alla sua immaginazione, l’ho trasformato da soggetto passivo in committente da soddisfare.
Mettersi al servizio e accompagnare poteva sembrare una scelta artisticamente sbagliata, riduttiva, invece si è rivelata per me quella giusta e fin dall’inizio ho avuto conferma che questa idea poteva dar vita a qualcosa di molto interessante e rivelatorio. A maggior ragione incrociando il mio sguardo con quello degli artisti.
Costruire ponti, a volte di pietra e agevoli da percorrere, altre volte instabili come quelli tibetani e at-traversarli, con il passo determinato del pellegrino che è pronto a pazientare davanti ad una porta solo socchiusa, ha finito per trasformarci da perfetti sconosciuti in conoscenti, facendo fluire le storie.
Usare l’immagine fotografica come uno specchio nel quale la persona ritratta si potesse riflettere, mi ha permesso di entrare in scena senza prevaricazioni, per trasformare la realtà oggettiva, propria della fotografia, nella “realtà desiderata” e costruire immagini nelle quali ciò che esiste e ciò che non esiste, coesistono.
E come mia consuetudine non poteva mancare la parola. Mi piace mescolarla all’immagine, farla risuonare nel silenzio assoluto delle fotografie. Qui, ho chiesto ad ognuno dei miei soggetti di accompagnare lo scatto che ha scelto con un proprio pensiero, nella massima libertà. Per parte mia, dopo averli potuti osservare più da vicino ho scelto di raccontare di ognuno di loro, ma anche di come l’immagine della loro storia ha preso forma nella mia mente.
Quando ho cominciato questa avventura non sapevo esattamente quanto si sarebbe potuta rivelare coinvolgente e complessa. Ovviamente, l’ho scoperto strada facendo, in un percorso minato e benedetto dalle difficoltà, alle quali oggi, a lavoro concluso, posso dirmi grato.
Come le persone, anche un libro molto spesso invecchia in solitudine. Nel momento in cui lo con-segno a voi, penso che sarebbe magnifico se potesse continuare ad incontrare di tanto in tanto le vostre mani, se diventasse un oggetto che nel tempo vorrete tornare a sfogliare.
Se questo accadesse, vorrebbe dire che non ci avete dimenticati.